Chi siamo
Siamo un gruppo interdisciplinare di 30 studiosi (medici, professori universitari o ricercatori di enti pubblici o accademia), che hanno deciso di mettere il frutto del loro lavoro a disposizione della comunità civile, scientifica, e giuridica. Ci siamo raccolti sotto l’eteronimo Co_META, che sta per Covid Metascience.
Metascience o Metaresearch sono denominazioni (parzialmente interscambiabili) di una disciplina che si occupa di analizzare corpus di evidenze, per verificarne l'attendibilità e/o di sviluppare strumenti per identificare e possibilmente quantificare bias o rumore. Co_META vuole però anche evocare la stella di Natale che attrae e unisce i cercatori di verità e gli uomini di buona volontà — come anche il perseguimento di una meta comune.
In ambito scientifico sono abbastanza numerosi gli episodi di pubblicazioni collettive sotto eteronimo, come ad esempio il gruppo di matematici “Nicolas Bourbaki” o l’iniziativa Luther Blisset degli anni ’90. v. anche:
Le motivazioni sono le più svariate: preservare autonomia e libertà di ricerca da eventuali condizionamenti, ovviare alle inevitabili pressioni economiche e politiche che alcuni ambiti scientifici, come quello biomedico, subiscono più di altri.
Del resto, quando si pubblicano articoli che valutano dati forniti da altri (cioè quando si fa Metascience, appunto), quel che conta è la solidità dell’argomento, non il nome di chi lo scrive (v. Neuroskeptic, 2013, Cell , p. 196). Diverso è il discorso per articoli che riportano risultati di ricerche e dati, dove il rischio di manipolazione e artefatti viene disincentivato responsabilizzando gli autori in prima persona, anche mediante dichiarazioni di conflitto di interessi.
In un contesto concitato come quello che stiamo vivendo ormai da due anni, l’ecosistema scientifico ha subito uno shock senza precedenti, a cui ha reagito con una mole smisurata di dati e pubblicazioni. Inserendo la parola chiave COVID-19 sul motore di ricerca PubMed, risultano pubblicati all’8 dicembre 2021 ben 205.322 articoli sull’argomento. Si tratta di una produzione scientifica smisurata, soprattutto se correlata all’arco temporale di riferimento.
A causa della pressione del succedersi degli eventi e della scarsa familiarità con gli strumenti scientifici utilizzati per affrontarla, i decisori politici non hanno avuto l’opportunità di vagliare adeguatamente l’attendibilità delle opinioni e evidenze offerte dagli esperti. In tali contesti il dissenso tra studiosi è un indice di salute che non va censurato, ma anzi utilizzato per il consolidamento delle ipotesi di lavoro. Invece si è assistito ad una sistematica enfatizzazione dell’approccio vaccino-profilattico nell’affrontare la pandemia, a discapito di ogni possiible opzione complementare o alternativa.
Nella nostra ricerca ci è capitato spesso di leggere disclaimer in cui si precisava che alcuni degli autori avevano preferito non mettersi in chiaro per evitare ritorsioni in ambito lavorativo — un caso viene citato anche nel nostro documento: v. ad esempio Neil M. et al. (2021) Latest statistics on England mortality data suggest systematic mis-categorisation of vaccine status and uncertain effectiveness of Covid-19 vaccination. Preprint, dove negli Acknowledgements si dichiara: “We would like to acknowledge the invaluable help of Shahar Gavish, and other independent researchers. The paper has also benefited from the input of senior clinicians and other researchers who remain anonymous to protect their careers”.
Questo tipo di dichiarazioni sono un segno più che eloquente del clima che stiamo vivendo e del fatto che lo “stato d’eccezione” riguarda anche (o forse, in primo luogo, in senso assiologico ed eziologico) il sistema editoriale. Vorremmo quindi che gli eventuali lettori concentrassero la loro attenzione sui contenuti del documento, piuttosto che sui suoi autori.
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